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In alto, tra le nubi, in figura di donna vestita di bianco luminoso, appare la divina Sapienza che tiene in mano lo scettro e il globo in quanto regola l’universalità delle cose; sulla sua testa le fiamme della Trinità, ai suoi piedi una giovane nuda, che allude alla verità, la guarda fisso per riceverne la luce.

Il giovane in armatura raffigura l’intelletto sciolto dai legami dell'ignoranza rappresentata da una fune: la matematica (o la Prudenza secondo il Lami) lo illumina mostrando lo specchio, in quanto il sapere non è innato ma si guadagna attraverso lo studio; la Teologia gli porge la mano additandogli la divinità; la filosofia gli adatta le ali alle spalle (cfr. manoscritto Ricc.2778 c. 360v).

Due putti reggono un cartiglio contenente un allusivo verso del Petrarca “Levan di terra a ciel nostro intelletto”. Altri due putti distillano erbe e fiori poiché la mente, cogliendo l’essenza del creato, visibile, arriva a comprendere il divino, invisibile. Il paesaggio, con le sue asperità, vuole ricordare le difficoltà del cammino verso la conoscenza.
 


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