Le Sale
La Sala di lettura o di studio
La struttura della Sala di lettura o di studio è rimasta intatta come l’aveva voluta Francesco Riccardi che si era occupato personalmente della realizzazione degli scaffali e aveva affidato la decorazione in stucco e legno dorato all’abilità di Giovan Battista Foggini. Per la fornitura e messa in opera di tutta la struttura lignea “con la mostra di barbe di noce e dentro d’abeto”, poi lustrata con cera, il marchese si rivolse a due artigiani fiorentini, Tommaso e Giuseppe Stecchi. Nella sala si possono ancora ammirare i due ordini di scaffali con “diciotto sportelli a telai retati di filo di ferro” e “due scalette a pozzo rinchiuse a guisa d’armadio” che permettono l’accesso ai ballatoi.
Il programma iconografico dell’Affresco della sala, realizzato da Luca Giordano, fu ideato da Alessandro Segni appositamente per la biblioteca.
Scopri l'Affresco della sala
In alto, tra le nubi, in figura di donna vestita di bianco luminoso, appare la divina Sapienza che tiene in mano lo scettro e il globo, in quanto regola l’universalità delle cose; sulla sua testa, le fiamme della Trinità, ai suoi piedi una giovane nuda, che allude alla verità, la guarda fisso per riceverne la luce.
Il giovane in armatura raffigura l’intelletto sciolto dai legami dell’ignoranza, rappresentata da una fune: la matematica (o la Prudenza secondo il Lami) lo illumina mostrando lo specchio, in quanto il sapere non è innato ma si guadagna attraverso lo studio; la Teologia gli porge la mano, additandogli la divinità; la filosofia gli adatta le ali alle spalle (cfr. manoscritto Ricc.2778 c. 360v).
Due putti reggono un cartiglio contenente un allusivo verso del Petrarca Levan di terra a ciel nostro intelletto. Altri due putti distillano erbe e fiori poiché la mente, cogliendo l’essenza del creato, visibile, arriva a comprendere il divino, invisibile. Il paesaggio, con le sue asperità, vuole ricordare le difficoltà del cammino verso la conoscenza.
Dopo la realizzazione dell’affresco, venne intrapresa la decorazione delle pareti secondo le indicazioni di Giovanni Battista Foggini; furono realizzati splendidi stucchi, opera dei fratelli Ciceri e di Anton Francesco Andreozzi, dorature ad opera di Domenico Gori. Nei Cartigli si leggono versi ispirati a Torquato Tasso e Dante Alighieri.
Alcune immagini dei cartigli:
Nei due cartigli ai lati dell’affresco si leggono versi di Torquato Tasso
I due cartigli della volta posti in testa e in fondo all’affresco recano invece versi di Dante
In fondo alla Sala compare lo stemma inquartato Riccardi – Capponi, a ricordo delle nozze di Francesco con Cassandra Capponi avvenute nel 1669. Nella parete opposta, esattamente di fronte, sempre del Foggini, il busto marmoreo di Vincenzio Capponi.
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La Sala di esposizione
Nel 1786, per volere di Gabriello Riccardi furono ampliati gli ambienti monumentali che ospitavano le collezioni, aggiungendo le attuali Sala di esposizione e Sala di direzione.
La realizzazione dell’Affresco della Sala di esposizione si deve a Giuseppe e Tommaso Nasini, pittori di Castel del Piano sul Monte Amiata, che nel 1691 raffigurarono sulla grande volta “Ercole al bivio”.
Scopri l'Affresco della sala
La volta dell’attuale Sala esposizioni della Biblioteca, dipinta nel 1691 da Giuseppe e Tommaso Nasini con la storia di Ercole al bivio, rappresenta la difficile scelta del giovane Ercole, tra la via facile del piacere e quella aspra della virtù. Una cornice ovale dorata racchiude la complessa realizzazione della storia, piena di personaggi simbolici. Nell’esecuzione si nota la presenza di più mani, non ugualmente felici. La figura di Ercole, che presenta alcune sproporzioni e storture esecutive dovute forse alle richieste dei Riccardi di cambiamenti in corso d’opera, è assai simile alla statua antica di Marte, collocata sulla fontana del cortile del palazzo, su cui è stata posizionata la testa scolpita di Cosimo Riccardi, padre di Francesco, in un evidente transfert celebrativo.
Ai quattro angoli, ben inseriti nell’elegante quadratura architettonica di Francesco Sacconi, quattro medaglioni ricordano altrettante imprese di Ercole, scelte tra le dodici fatiche: la conquista dei pomi delle Esperidi, la lotta contro Anteo, il leone Nemeo e l’ultimo, in pessimo stato, che raffigura probabilmente l’Idra. I Riccardi possedevano altrettanti bassorilievi, frutto di un’esperta mano cinquecentesca, che facevano parte della raccolta che si trovava in Valfonda, successivamente trasferita nel loro nuovo palazzo.
Nell’immagine sotto, ambientata in Sala di esposizione, il pittore fiorentino Tito Lessi riproduce dal vero, non solo le strutture delle librerie, ma anche le suppellettili, come tavoli e sedie, identiche a quelle documentate nelle varie relazioni consultabili nell’Archivio della biblioteca.
Unica concessione alla fantasia, è la collocazione cronologica di questi studiosi in pieno Settecento, come rivela l’accuratezza dell’abbigliamento e delle acconciature con le vistose parrucche.
Tito Lessi e "I Bibliofili"...
Il pittore fiorentino Tito Lessi (Firenze, 1858 –1917) dipinse con fedeltà fotografica le sale di studio e di esposizioni della Riccardiana, immaginando una vivace riunione di dotti. Dei quadri, noti con il titolo “I Bibliofili”, ci è giunta testimonianza attraverso le foto conservate in biblioteca e le tante riproduzioni che circolano sul web, dal momento che assai presto gli originali hanno probabilmente preso la via di collezioni d’oltreoceano. Una voce tradizionale vuole che uno dei due quadri, quello ambientato in sala di studio, sia scomparso nel corso del bombardamento che distrusse i ponti di Firenze, dato che doveva trovarsi presso l’Accademia della Colombaria, la cui sede, nei dintorni del Ponte Vecchio, fu fortemente coinvolta in quelle terribili distruzioni.
Nei due dipinti la biblioteca fa da protagonista in un momento del suo glorioso passato, quando, già strutturata nell’assetto voluto dal suddecano Gabriello, ospitava riunioni di saggi a cui offriva materiale prezioso e qualificato come base culturale e fonte di discussione.
Oggi sul web circolano diverse immagini dei dipinti di Tito Lessi, tutti conservati in collezioni private. In uno di questi si nota un addetto che porta sotto braccio dei volumi nella sala di direzione, ben riconoscibile dalla porta spalancata, tomi evidentemente già utilizzati e pronti per tornare al loro posto. Questo dettaglio è l’unica differenza rispetto ad un’altra redazione, di cui si conserva anche una cartolina in Biblioteca, che secondo la tradizione, rappresenta invece il dipinto perduto durante la guerra. I quadri, pur nel voluto richiamo al XVIII secolo per i dettagli d’abbigliamento, fotografano una situazione degli ambienti alla fine dell’Ottocento, quando il pittore li riprodusse dal vero con estrema attenzione e fedeltà di dettagli.
La Sala di direzione
La Sala della direzione, aggiunta nel 1786, è caratterizzata da una volta a padiglione con decorazioni floreali in stucco di gusto neoclassico. Agli angoli, quattro cammei in finte pietre dure accolgono i ritratti dei filosofi e dei poeti dell’antichità greca e romana, Cicerone, Omero, Virgilio e Platone, che alludono al tema della cultura classica.
Una scaffalatura lignea perimetrale coeva, con arredi in legno dipinto a finto marmo e a finto legno con profilature dorate, fu realizzata per accogliere i manoscritti della famiglia. Per salire ai ballatoi, si ricorse all’elegante artificio degli scaffali girevoli dai quali accedere ad una scala di legno situata nella parte retrostante la direzione attuale. L’unitarietà della sala nelle sue decorazioni e nei suoi arredi crea un affascinante ambiente neoclassico dedicato a Minerva e alle Muse, come enunciato nell’iscrizione presente sotto la finestra, che ne documenta la data di ultimazione.